Gli episodi della Vita di Cristo sulla parete dell’abside costituiscono il nucleo centrale del ciclo pittorico del coro. Si tratta di venti scene disposte su sei registri e leggibili dall’alto verso il basso, da sinistra a destra. Nei tre registri superiori si susseguono episodi dell’infanzia di Cristo (Annunciazione a Maria, Visitazione di Maria ad Elisabetta, Viaggio a Betlemme, Natività, Annuncio ai pastori, I magi davanti a Erode, Adorazione dei Magi, Sogno dei magi, Presentazione di Gesù al tempio, Fuga in Egitto, Strage degli Innocenti); seguono il Battesimo di Cristo e le Tentazioni nel deserto che introducono al tema della Passione nei due registri inferiori (Ingresso a Gerusalemme, Tradimento di Giuda, Flagellazione e rinnegamento di Pietro, Salita al calvario, Crocifissione, Deposizione, Sepoltura.
Una suggestiva ipotesi circa la logica che ha dettato la collocazione degli episodi è stata formulata da Alberto Rovi, secondo il quale il Maestro di Sant’Abbondio lavorò tenendo conto del rapporto tra i temi affrescati e l’architettura della parete. Secondo questa proposta, il ciclo potrebbe essere letto anche partendo dalla finestra centrale, l’unica ben visibile dai fedeli nelle navate. Secondo la tradizione delle chiese antiche, la luce che da essa entra la mattina richiama la venuta salvifica di Cristo e infatti nella basilica questa apertura è sormontata da scene dalle quali traspare l’attesa trepidante dei protagonisti – l’attesa di Maria ed Elisabetta per la nascita di Gesù e di Giovanni nell’episodio della Visitazione, l’attesa dei pastori nei confronti del Bambino annunciato dagli angeli nell’Annuncio ai pastori, quella della profetessa Anna di vedere il Messia nella scena della Presentazione. La verticale è chiusa dalla Crocifissione. Alla destra e alla sinistra della stessa finestra centrale sono rappresentati quattro episodi segnati dalla netta contrapposizione tra Dio e il mondo e quindi esemplari della condizione terrena del cristiano: il Battesimo di Gesù è opposto alle Tentazioni; l’Ingresso a Gerusalemme si trova di fronte al Tradimento di Giuda. Sopra la finestra centrale stanno episodi dell’infanzia di Gesù; sotto quelle dalla Passione. E’ stato osservato che la collocazione delle scene è funzionale all’osservatore, impossibilitato a seguire il filo del racconto lungo la parete curva – se si trova nella navata – o costretto a spostarsi, se si trova nel coro. La collocazione degli episodi “a blocchi” asseconda quindi sia la tendenza dello sguardo ad accorpare le scene sia il movimento percorso dagli occhi per cercare di collegare gli episodi interrotti dalle finestre: un movimento a croce, il cui braccio verticale si conclude con la Crocefissione e il cui braccio orizzontale anticipa la Passione, perché costituito da episodi dell’infanzia di Cristo molto drammatici ed angosciosi quali l’Adorazione dei Magi, il Sogno dei Magi, la Presentazione al Tempio, la Fuga in Egitto, la Strage degli innocenti).
Una caratteristica del ciclo è stata riconosciuta nell’assenza di scene di miracoli o di glorificazione, come la Trasfigurazione o la Resurrezione. Al contrario, il programma iconografico seguito dal Maestro di Sant’Abbondio mette in risalto l’ umanità di Cristo e questa forte sottolineatura ha indotto gli studiosi ad attribuire la committenza degli affreschi ad ambienti francescani, caratterizzati dalla devozione per l’umanità di Cristo, in particolare per la Natività e la Croce – verosimilmente al vescovo Leone Lambertenghi, frate dell’ordine dei Minori e forse parente di Benno Lambertenghi, che fu abate del monastero nel periodo in cui furono realizzati gli affreschi, intorno al 1320.
Gli episodi evangelici sono dominati da uno spiccato realismo che, pur sfociando a volte in forme pesanti e gesti disarticolati, coglie con grande sensibilità l’umanità dei personaggi, la concretezza della loro figura e degli oggetti che li circondano, le loro reazioni. Retaggi dell’arte bizantina – come il ribaltamento prospettico della folla nell’Ingresso a Gerusalemme – si mescolano a elementi del codice cavalleresco – come il gesto di sfilarsi i guanti che i Magi compiono davanti ad Erode; numerosi elementi provengono dalla tradizione figurativa dell’Italia settentrionale, come le scene connesse al culto dei Magi, assai vivo anche nel Comasco dopo il trasporto delle loro reliquie da Milano a Colonia nel XII secolo.